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Gianni Morandi inedito, il racconto dei figli: “Severissimo. In analisi per nostro cognome”
Artista di spessore e come padre? Il racconto dei figli di Gianni Morandi sul rapporto con il papà e la sua immensa fama.
Indubbiamente è tra gli artisti più amati sia a livello personale che professionale. Stiamo parlando di Gianni Morandi di cui hanno parlato in modo molto speciale e particolare i suoi figli, Marianna e Marco nel corso di una lunga e interessante intervista al Corriere della Sera in occasione dello spettacolo teatrale Benvenuti a casa Morandi, che porteranno in scena a fine anno con la regia di Pino Quartullo.
Gianni Morandi come padre: parlano i figli
Nel corso della bella intervista rilasciata al Corriere della Sera, Marianna e Marco Morandi hanno avuto modo di svelare qualche particolare relativo al padre Gianni. I due hanno raccontato come il noto artista sia stato molto severo nella loro educazione: “A papà bastava guardarci in silenzio e ci passava subito la voglia… Severo? Di più! Mi ripeteva: ‘se vuoi fare qualcosa, devi essere la numero 1. Vuoi cantare? Devi essere come Liza Minnelli. Vuoi fare l’attrice? Allora come Monica Vitti, che peraltro al mare da mia madre in Sardegna mi diceva sempre che dovevo fare l’attrice comica’. Capisce perché a un certo punto mi sono tirata fuori?”, ha detto Marianna.
Le mancanze
I due figli di Morandi hanno anche svelato che, a causa del lavoro e della popolarità del padre, nel rapporto genitore-figlio sia mancato qualcosa. Marco, per esempio, ha sottolineato: “Cosa ci è mancato? Cose banali: il gelato con papà, la pizza il sabato sera. Lui veniva sempre preso d’assalto. Forse solo a Monghidoro riuscivamo a mangiare un gelato insieme”. Anche Marianna si è trovata a dare una risposta molto simile: “Non direi l’affetto, ma la presenza sì”.
Marianna e Marco hanno aggiunto anche di aver fatto ricorso all’analisi: “A parte che dovremmo farla tutti e male non farebbe. Figuriamoci noi due”, ha detto la donna. L’uomo, dal canto suo ha aggiunto: “Il nostro problema è che non potevamo mai sbagliare, eravamo ‘i figli di’, sempre con lo sguardo degli altri puntato addosso, da come ci vestivamo a come ci comportavamo”.
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